19-07-20
Siamo al cospetto delle più belle montagne delle Alpi, circondati da vette le cui pareti e creste sono state e sono tutt’ora protagoniste della storia dell’alpinismo. Quando Marco mi domandò se avessi voluto scalare con lui questa montagna mi si illuminarono gli occhi. Avevo due grandissimi ricordi di questa cima, la prima durante la scalata al Cervino nel lontano 2016, la seconda nel 2018 sulla Dent d’Herens. Da entrambe la Dent Blanche è assolutamente uno spettacolo, una piramide perfetta con quattro creste che raggiungono le valli del Canton Vallese sottostanti. Il trittico andava chiuso. Il panorama che si apprezza dalla scalata è di gran lunga il più bello che io abbia mai visto: sarà per la presenza costante del Cervino e delle sue linee perfette, ma non c’è paragone alcuno, fidatevi, è un qualcosa di incredibile. Il senso di isolamento che si apprezza su questa cima è una cosa letteralmente da far drizzare i capelli. Raggiungere il rifugio richiede parecchie ore di cammino su moltissimi chilometri; lì ci si sente in pace con il mondo: la struttura è rimasta “fedele all’originale” e la scalata è di una purezza sensazionale. In tutta la cresta S si contano 3 chiodi a pressione e 4 fittoni. Nessuna corda fissa o canapone, la selezione dell’alpinista qui è secondo me evidente nonostante si tratti di una cresta sul III+, quindi sulla carta molto più facile della Cresta del Leone del Cervino. Salita in circa 3 ore comprensive di -numerossisime come potete vedere – pause fotografiche. La discesa è stata invece più lunga della salita per via di molti passaggi su verglas e delle manovre di corda necessarie per scendere da alcuni tratti.