23,24-07-22
Valicando il Nufenen o la Furka sono tre le montagne che svettano imponenti sul Canton Vallese, lo Schreckhorn 4078m, scalato con immensa soddisfazione la scorsa estate, il Finsteraarhorn 4274m, scalato con gli sci d’alpinismo questa primavera ed il Lauteraarhorn 4048m. Quest’ultimo mancava all’appello. Con Marco bisognava rimediare. L’Oberland Bernese fino ad oggi mi ha abituato a distanze e sviluppi che altrove è impossibile sperimentare. Isolamento, immensi ghiacciai e valli infinite sono senza dubbio le principali caratteristiche della porzione più settentrionale delle Alpi che messa a confronto anche solo al nostro Adamello, che tanto elogiamo per la sua grandezza, pare un immenso gigante.
Il Lauteraarhorn è considerato sulle Alpi la montagna più lunga da raggiungere, tra le più selvagge e la più isolata tanto da essere definita un “4000 Himalayano”. Le immense distanze, l’assenza di rifugi custoditi sul percorso, i km e le ore di cammino per anche solo raggiungere l’Aarbiwak, unico appoggio del mondo civile per l’ascensione, il grado complessivo oltre l’AD rendono la sua scalata un grandioso viaggio alla scoperta dei propri limiti mentali e fisici. Non si vedono molte persone in posti come questo, sul libro del bivacco troveremo segnate meno di una manciata di decine di frequentatori durante ogni annata alpinistica, ancora meno sono i raggiungitori della vetta… Un’avventura sfinente, devastante fisicamente e mentalmente per le distanze, la solitudine e il senso di isolamento che si sperimenta dopo ogni singolo passo sulle morene, ghiacciai e pareti di questo luogo parecchio inospitale qui sulle Alpi.
Dal Grimselpass appena sotto l’invaso parte un lungo sentiero che ne costeggia il lago omonimo per circa 4km. I segni di civiltà svaniscono ben presto, da qui in poi tutto è puro, immenso e selvaggio. Con una lunga cavalcata lungo l’Unteraargletscher, il Finsteraargletscher e lo Strahleggletscher raggiungiamo in 19km il bivacco. Siamo soli. Risotto alla pescatora con il fornelletto, predisposizione di tutto il materiale e quindi in branda. Ore 3:15 la sveglia assassina. Scendiamo sul ghiacciaio, percorriamo altri 4km lungo la sua immensa lingua glaciale, imbocchiamo al primo colpo il canale di accesso alla parete e quindi iniziamo una vera e propria vertical. Poco meno di 2km di sviluppo per salire i 1000metri della parete. Pendenza costante sui 45°/50° su roccia di scarsa qualità, ma con continuità d’arrampicata fino alla sella che stavolta con buona roccia conduce alla vetta. Panorama che lascio descrivere alle fotografie. Tutti i giganti dell’Oberland sono qui davanti ai nostri occhi, tra cui imponente e terrificante lo Schreckhorn che avevamo salito sempre assieme lo scorso anno. Discesa lungo lo stesso percorso della salita fino al Grimselpass. PIù facile a dirsi che a farsi… Oltre 55km di grande Alpinismo d’alta quota con la A maiuscola di cui quasi 30 sono lungo la discesa. Ammetto di essere arrivato alla macchina con le gambe stanche ed i piedi doloranti, quasi al limite della sopportazione, ma con la gioia e la soddisfazione di essere riuscito anche questa volta a superare me stesso.
Un viaggio per veri appassionati, per i veri cultori dell’alpinismo romantico d’altri tempi, senza alcuna comodità. Qui ci si sente per davvero dall’altra parte del Mondo, o “inculandia” come si dice in gergo. Chi poteva accettare di fare un qualcosa di simile se non l’amico Marco? Condividere giornate grandiose come queste in sua compagnia è sempre piacevole. Ci sosteniamo a vicenda, ci confrontiamo e riusciamo sempre a trovare la soluzione ai guai in cui andiamo sempre a ficcarci. Questo giro gran bella prova di resistenza e tenacia. Alè!!!