Come sono andate veramente la cose su al Lago Bianco al Passo Gavia? Di chi sono le responsabilità dell’assalto a questo piccolo specchio d’acqua a 2610 metri di altitudine nel Parco Nazionale dello Stelvio? Che cosa ho fatto per poter tutelare uno degli ultimi gioielli alpini dagli abusi dell’essere umano? Questa che vi propongo è una storia di amicizia, di coraggio, di amore, di passione e di ingiustizia e vuole dimostrare come un piccolo gruppo di liberi cittadini è stato capace di fermare lo scempio ad uno dei più bei valichi alpini, nonchè uno dei più preziosi e delicati habitat naturali delle Alpi.
a cura di un libero cittadino di nome Fabio Sandrini

Il Lago Bianco al Passo Gavia
Incastonato tra meravigliose vette alpine che superano i 3000m di altitudine e circondato da ghiacciai superbi e maestosi esiste un piccolo lago, un gioiello, un patrimonio naturale che appartiene a tutti noi e che fa invidia a tantissimi altri più blasonati presenti nell’arco alpino. A pochi metri dalle sue rive è possibile trovare l’ultimo esemplare di tundra artica presente sulle Alpi: proprio le migliori università italiane e del mondo sono lì a studiare questa unicità, segno che questo ambiente merita di essere protetto e tutelato. Questa punta di diamante porta il nome di un colore, lo stesso di questo foglio su cui ora sto scrivendo questa mia storia di un’avventura durata oltre un anno, più difficile di ogni scalata e di ogni parete mai affrontata in vita mia.
Il Lago Bianco al Passo di Gavia, nei pressi del valico che delimita le provincie di Brescia e Sondrio, solo ora lo posso urlare al mondo, è salvo. No, non è solo merito mio. No, non è solo merito di Marco, di Matteo e di Simone, quattro semplici liberi cittadini, ma è merito della passione per il territorio, nonché dell’amicizia che ha saputo far nascere dal profondo dei nostri animi un canto della rivolta in grado di raggiungere l’Europa, le TV nazionali e far breccia nel cuore di moltissimi liberi cittadini accomunati dall’amore e dal rispetto per la Natura.
Comincio con malinconia questo racconto parlandovi di una lontana giornata di inizio estate del 2023 trascorsa con Marco, mio caro amico, più volte compagno di avventure e di scalate che già conoscerete perché ve ne ho parlato spesso su questo mio blog; ci conosciamo per caso grazie ai social media quasi 15 anni fa, ci divide solamente il valico alpino più spettacolare e incredibile che esista, il Passo Gavia. Con i suoi 2621m è uno dei passi più alti di tutte le Alpi ed è attraversato da una strada storica le cui origini risalgono alla notte dei tempi, la SS300; per secoli pericolosa via per contrabbandieri e temerari viaggiatori che porta sul fardello innumerevoli vittime, oggi invece è una semplice, ma meravigliosa, strada turistica che mette in collegamento nei mesi caldi proprio il mio paese, Ponte di Legno, con il paese di Marco, Valfurva.

Incredulità, stupore, rassegnazione e tristezza
Organizziamo una scalata sul Corno dei Tre Signori con partenza dalla Cima Sforzellina e sarà proprio quel giorno a far nascere in noi un sentimento che mai prima d’ora avevo vissuto in prima persona. Non ho un bel ricordo di quella giornata, ho ancora in mente il rumore assordante dei martelli pneumatici degli scavatori che proprio quel giorno avevano iniziato a distruggere l’habitat antistante il Lago Bianco per far posto ad un’opera di captazione delle acque del lago per produrre neve artificiale per le piste giù a valle in quel di Santa Caterina di Valfurva. Tutto normale di questi tempi, tra cavi d’acciaio su ogni versante, panchine per giganti e attrazioni modaiole di dubbio valore; sarebbe tutto ammesso e lecito se non fosse che questo lembo di terra risulterebbe inserito e protetto in un’area naturale di interesse nazionale, il Parco dello Stelvio, il secondo più antico delle Alpi e il più grande d’Europa, nonché dall’area di interesse sovranazionale Zona Protezione Speciale (ZPS) Natura 2000, con vincoli e norme ancora più stringenti. Eppure, i lavori sono lì, sono reali. Eppure, le transenne piantate nella torbiera tra gli eriofori qualche giorno prima sono lì come fossimo in un paese del fondo valle. Eppure, il martellare che udiamo nei nostri timpani dalla cima di quasi 3400m è vero, non ce lo stiamo immaginando. Un misto tra incredulità, stupore, rassegnazione e tristezza ci caratterizzerà per tutto quel lontano giorno soleggiato di quell’inizio luglio del 2023.

Il Progetto dell’Assalto al Lago Bianco
Se ne parla da più di 25 anni di utilizzare il Lago Bianco come bacino di compensazione per l’innevamento artificiale. Eppure, il complicato progetto non era mai andato in porto, i tubi neri abbandonati a bordo strada tra i rifugi Berni e Bonetta erano lì, fino a questa estate appena trascorsa del 2024, a testimonianza. Qualche anno fa la dirigenza della Santa Caterina Impianti con il benestare del comune di Valfurva decide di rispolverare il progetto di captazione idrica dal Lago Bianco e in sordina inizia l’iter autorizzativo per l’opera inclusa in quest’area ZPS Natura 2000 e nel Parco Nazionale dello Stelvio, da poco diventato Parco dello Stelvio – Lombardia , ente direttamente controllato da ERSAF e dalla giunta di Regione Lombardia.
Tanto per rendere l’idea sul territorio del Parco è vietato raccogliere fiori, spostare sassi, addirittura i proprietari di baite non possono nemmeno cambiare le staccionate o rifare a piacimento dei muretti, proprio per preservare il territorio. Il regolamento pubblico accessibile dai siti web del parco fa ovviamente riferimento all’impossibilità di fare uso industriale delle acque che scorrono nel territorio del Parco (ergo produrre neve artificiale). L’iter però inspiegabilmente procede e le voci che i lavori sarebbero prima o poi iniziati raggiungono le orecchie di Marco.
Reazione e Attivismo
Incredulo e da solo Marco si attiva con una petizione su Change.org che inizio a promuovere successivamente io stesso sia nelle serate di montagna che sovente mi capitava di tenere in giro per la nostra provincia in sale conferenze e rifugi, sia sui miei canali social. Dopo mesi dal lancio della petizione solo poche centinaia di firme, forse del Lago Bianco non interessa a nessuno, pensiamo… Forse c’è veramente poco da fare per evitare che un piccolo lago, una perla incastonata nelle Alpi a 2600 metri di quota, sia svenduto alla mercede di qualche imprenditore bisognoso di acqua per i propri cannoni da neve. Forse non c’è speranza. Forse siamo io e Marco a sbagliare.
Assaliti dai dubbi ed ancora increduli, cominciamo la discesa lungo la via normale del Corno dei Tre Signori. In lontananza le ruspe, gli scavatori e gli operai che lavorano all’interno di quell’area transennata ed inaccessibile a noi comuni cittadini. Eppure, non deve finire così. Eppure, non vogliamo finisca così. Con la mia fedele reflex inizio a scattare fotografie del cantiere, immagini che mai prima d’ora avrei pensato di catturare. Marco ed io ne parliamo velocemente seduti sul prato a poche decine di metri dallo scavo: questo scempio, questo assalto, va reso pubblico, va condannato; dovranno essere le immagini a parlare e forse, solo allora, la gente reagirà ed appoggerà il nostro grido. Torno a casa con il cuore affranto, accendo il PC ed inizio a postare su Facebook le fotografie. Beh, quell’istante, quel brevissimo secondo dopo il click del mouse sarà il vero inizio della nostra lotta contro “L’Assalto al Lago Bianco”.



Siamo due semplici cittadini, non abbiamo la più pallida idea di come gestire la questione, ma le condivisioni del post raggiungono le migliaia di unità, le indignazioni pure. Dopo qualche giorno, iniziano a scrivere di noi e della nostra causa giornali e blog, le televisioni locali iniziano a mostrare le immagini ed in tutti, lecitamente, sorgono le medesime domande: “Come è stato possibile?”, “Chi ha autorizzato e permesso tutto questo in un’area protetta come il Parco dello Stelvio?”.
Sono giorni febbrili, i ricordi oggi sono confusi, ma ci rendiamo conto che in sole due persone gestire la propaganda della questione Lago Bianco sarebbe impossibile. Si aggiungeranno a noi Simone prima e Matteo poi, due bresciani dal cuore vero. Noi, quattro semplici liberi cittadini, uniti dalla difesa per il territorio decidiamo di creare su Facebook il gruppo e la pagina “Salviamo il Lago Bianco” ed iniziamo ben presto a ricevere solidarietà e incitazioni per trovare il modo di fermare i lavori. Matteo lotta da anni per la tutela e la salvaguardia della Riserva Torbiere sul Sebino ed è il più esperto del nostro comitato non ufficiale che decidiamo di fondare: la sua conoscenza di tematiche ambientali, delle mosse da fare e della materia riesce a dare la svolta alla nostra battaglia.
L’eco diventa nazionale, ne parlano perfino sul Corriere della Sera, ne parlano TG regionali e nazionali. Ormai la questione Lago Bianco è di dominio pubblico. Basterà a far fare un passo indietro a società impianti e comune? Purtroppo no: i lavori procederanno nell’indignazione pubblica e nei silenzi delle amministrazioni locali che sembrano totalmente distaccate dalla realtà dei fatti e disinteressate a dare risposte sensate ed esaustive a noi cittadini. Capiamo che l’unico modo per salvare il lago è quello di reagire attivamente.
Organizziamo per il 10 settembre 2023 una “Camminata solidale al Belvedere del Corno dei Tre Signori” proprio per promuovere pubblicamente la nostra causa ed ampliare l’eco mediatico che si concluderà con quasi 300 persone e la partecipazione anche di Legambiente e Mountain Wildness, nonché di un caro amico purtroppo scomparso in montagna, Manuel Faustinelli, che fin da subito decise di appoggiare la nostra battaglia con post social e donazioni.



Nel mentre daremo il via ad una raccolta fondi con la piattaforma GoFundMe che ci servirà per coprire le consulenze dell’avvocatessa Veronica Dini, esperta in tematiche ambientali, da noi assoldata per supportarci nella battaglia.
Coinvolgiamo alcune associazioni ambientaliste ed CAI Lombardia in quanto non avevamo ottenuto alcun appoggio dalle sezioni locali, che avevano preferito astenersi da una presa di posizione, nonché tecnici consulenti tra botanici e geologi in grado di supportarci nella stesura di relazioni super partes da portare a supporto delle nostre diffide ed esposti. Tenteremo, invano, di ottenere supporto anche dall’istituto di istruzione universitaria della valle.
Passeremo tutto il nostro tempo libero pre e post lavoro a studiare i progetti che siamo riusciti nel mentre ad ottenere in quanto mai resi pubblici sull’albo pretorio e in amministrazione trasparente sul portale web del comune. Curioso e singolare come tali documenti compaiano online sul sito del comune solo qualche giorno dopo le numerose nostre PEC inviate come richieste formali.
Una possibilità concreta per fermare temporaneamente i lavori per costruire una strategia a lungo termine, così come suggerito dall’avvocatessa, consisteva nel rilevare delle difformità tra quanto progettato, quanto in fase di realizzazione e trovare qualche cavillo burocratico; quindi, ci attiviamo a turno per salire praticamente ogni giorno su al Passo Gavia a controllare e documentare lo stato di avanzamento dei lavori. Faremo così tutta estate.
Piccolo inciso personale, vi sembra normale che debbano essere dei cittadini a impegnarsi in azioni di questo tipo?
Fabio Sandrini
Quello che constatiamo ha dell’assurdo. Constatiamo che mancava esposta la notifica preliminare di cantiere, obbligatoria per legge e da apporre esternamente all’area di lavoro. In caso non fosse presente, od anche solo non fosse esposta in maniera visibile, la normativa prevede il sequestro immediato del cantiere, invio pertanto personalmente PEC all’arma dei Carabinieri. Il giorno seguente saliamo al Passo Gavia e incontriamo un agente che in maniera alquanto teatrale, chiamando addirittura per nome l’operaio, richiede il documento. Per più di un mese il cantiere era in essere, eppure ecco che fresco fresco di fotocopiatrice con la data proprio del giorno prima ecco comparire la notifica che comunque andrebbe esposta per legge esternamente al cantiere. A quanto pare, tuttavia, è tutto in regola e ci dicono di non preoccuparci che penseranno loro a monitorare. Ci penseranno, invece, le opportune sedi che abbiamo interpellato a chiarire il tutto.






Rileviamo una tubazione di scarico a valle che non era prevista dal progetto. Rileviamo, sempre secondo nostre ipotesi, che lo scavo era stato fatto in una posizione totalmente diversa da quanto progettato e che doveva essere di pochi metri di diametro, ma era in realtà di dimensioni ben superiori, così come rileviamo scarichi di liquidi oleosi e benzeni lungo l’area ed una serie di presunte irregolarità. Ci penseranno anche qui le opportune sedi giudiziarie a chiarire il tutto.
Tra una consulenza e l’altra riusciamo a tenere aggiornati i nostri follower su ogni nostra azione tramite comunicazioni precise e puntuali. Decidiamo quindi di alzare il tiro. Contattiamo una nota trasmissione di inchieste televisive che va in onda in prima serata su RAI3 nazionale, ci ricontattano e in ben che non si dica iniziamo le riprese televisive. Nel mentre inviamo richiesta di audizione in Commissione Europea che dopo qualche mese ci porterà nell’europarlamento di Bruxelles a denunciare quanto avvenuto al Passo Gavia. Queste due mosse, a posteriori, saranno le carte vincenti che porteranno allo stralcio dell’opera.
Nelle settimane precedenti la chiusura della strada per l’inverno, l’impresa aveva più volte tentato di forare il letto del lago per posizionare il tubo alla profondità di 2 metri e mezzo circa. Tanti i tentativi falliti e ciò che rimane ancora oggi sono una manciata di lunghe tubazioni vuote sparse nel terreno della torbiera che causeranno proprio il giorno prima della chiusura della strada giganteschi collassi e cedimenti del terreno, da noi documentati e che amplificheranno ulteriormente il disgusto popolare. L’unico tubo che riuscirà a forare il lago lo farà a circa 5 cm dalla superficie. Un disastro di questa entità per un’infrastruttura totalmente inutilizzabile.
Pochi giorni prima della chiusura della strada ad inizio ottobre, a tubo seppur erroneamente posizionato, quando ormai anche le più alte sfere avevano inteso il malcontento generale, arriva il sequestro del cantiere proprio per la presenza del tubo di scarico abusivo da noi segnalato mesi prima. Con il cantiere sotto sequestro i lavori continueranno ugualmente: gli operai di fretta e furia tapperanno il cratere senza badare a ripiantare sementi o cercare di minimizzare l’impatto ambientale che il cantiere aveva avuto sull’habitat protetto.

Vittoria, il Lago Bianco è salvo!
La strada chiude, il gelo e le prime nevicate arrivano su al Passo Gavia. Noi proseguiamo nella nostra battaglia portando avanti in Commissione Europea a Bruxelles la nostra causa che verrà accolta all’unanimità degli eurodeputati. Di questo se ne parlerà a lungo nelle settimane successive sia su quotidiani locali, sia nazionali. Pochi giorni dopo la discussione a Bruxelles ecco l’atteso annuncio, il comune decide di stralciare l’opera di presa del Lago Bianco. ISPRA dà disposizioni per un ripristino totale dell’area cui noi attivamente vigileremo non appena le nevi lasceranno posto all’acqua e all’erba nei pochi mesi dove il Gavia non riposa in veste invernale.
La storia è un continuo scorrere, ma i dubbi rimangono. Non capiamo ancora oggi come sia stato possibile autorizzare un intervento di tale portata, ignorando completamente il buon senso e privando il rispetto che meriterebbe un ambiente di questo tipo. Tanti gli aspetti che non sto qui a rimarcarvi, tra tutti il più assurdo è che il Piano di Gestione del Parco dello Stelvio risulti sì approvato, ma mai adottato. Praticamente carta straccia, un po’ come una legge approvata dal Parlamento, ma mai pubblicata in Gazzetta Ufficiale, quindi priva di alcun valore. Questi vuoti normativi, causati esclusivamente dalle politiche hanno portato a tutto questo. Lotteremo per colmarli ed evitare che qui nel Parco possa ripetersi nuovamente una cosa simile.
Questa nostra prima vittoria la dedico al mio caro amico Manuel, compagno di sciate e scalate sulle montagne di casa, perito in montagna, promettente futura guida alpina che non solo amava e rispettava il territorio come pochi oggi purtroppo sanno fare, ma che era capace come noi di lottare per la salvaguardia e la tutela di un patrimonio che, ricordo, non è di nessuna società impiantistica o di privati, bensì di tutti noi.
Fabio Sandrini, Comitato Salviamo il Lago Bianco