Monte Salimmo (3115mslm) – Cresta Nord Est

Monte Salimmo (3115mslm) – Cresta Nord Est

Itinerario

Il Monte Salimmo è stato per tutta la mia vita fino ad oggi la montagna del cuore. È stato il mio primo tremila ormai 6 anni fa ed è stato la mia meta d’arrivo d’estate e d’inverno molte volte. L’ho fotografato in ogni stagione, da ogni angolazione e in ogni condizione. Devo ammettere che per questa montagna dalle forme aguzze e slanciate ho sempre avuto una qualche debolezza. Le montagne sono solo roccia, neve e ghiaccio, siamo noi a dar loro un significato; ho ricordi bellissimi di giornate trascorse con papà, con amici e da solo sulle pareti di questa bellissima cima, ho in memoria splendide fotografie e anche emozionanti filmati. Ad ogni modo è proprio quando si pensa di conoscere qualcosa che in realtà non la si conosce affatto.

Non ricordo quando iniziai a pensare seriamente alla cresta che collega il Corno d’Aola al Salimmo, ricordo solo di un discorso che feci con papà al riguardo dove mi disse che era stata percorsa pochissime volte. Quando una via viene ripetuta raramente di solito un motivo c’è, pensavo.

Gli anni passano, cambia il modo di andare in montagna, cambiano le priorità. Prima di questi ultimi tre anni di arrampicata la mia etica prevedeva il raggiungere ad ogni costo cime, montagne, tremila e quattromila senza sosta. Poi ho scoperto la Val di Mello e le prime classiche in Adamello. L’inseguimento senza sosta delle cime aveva perso ogni significato. Apprezzavo di più l’intensa esplorazione di valli desolate, il raggiungere le stesse cime da diverse vie ed avventurarmi su pareti, placche e creste senza utilizzare espedienti artificiali; la naturalezza dell’andare in montagna ormai rappresenta un punto cardinale del mio modo di camminare, arrampicare e sciare nelle cime che ci circondano. Ho scritto volontariamente “nelle” anziché “sulle” proprio perché ormai il raggiungimento della vetta ha perso gran parte, se non tutto, del significato che rappresentava invece prima. Ognuno alla fine è libero di vivere come vuole, questo l’ho imparato. Ognuno è libero di inseguire i propri desideri: c’è chi come me preferisce esplorare i dintorni di casa nella maniera più intensa e scrupolosa e chi invece preferisce cambiare gruppi montuosi o addirittura nazione. Non esiste un giusto e uno sbagliato. Avendo la fortuna di avere sopra casa delle montagne eccezionali è tuttavia un peccato non approfittarne. L’erba del vicino non sempre è più verde. Le montagne lontane non sempre sono più belle e maestose di quelle cui siamo abituati ogni giorno. Dopo questa avventura su una delle più belle creste del gruppo dell’Adamello ne ho avuto la riprova.

Dati Tecnici

  • Difficoltà: V/V+ R2 obbligatorio
  • Lunghezza: 800m
  • Primi salitori: D.Cellanova, T.Olivetti, L.Riva 1939

Relazione e Racconto

Con il Tone i progetti erano ben altri, ma una nevicata estiva oltre i 3100 metri di quota ci ha rovinato beatamente la festa. Dovevamo trovare un’alternativa. Iniziamo a parlare di Val Salarno, Val Miller e poi d’un tratto mi accorgo che la risposta ce l’avevo sotto gli occhi da anni. Propongo al Tone la cresta NE del Salimmo. Incredibilmente accetta. “Siamo d’accordo? Domani alle 5 a casa mia va bene?”.

Quando raccontiamo un’avventura sulle montagne spesso tralasciamo quella che in realtà è la parte più importante finalizzata al raggiungimento dell’obiettivo, la preparazione. Che materiale portare? Da dove attaccare la cresta? Come organizzare la salita? Per come sono fatto, precisino in ogni aspetto, decido, vista la vicinanza, di studiare per bene la scalata. Prendo il mio binocolo e mi porto verso via Marangoni, da lì si ha una eccezionale visione della parete e della cresta NE del Salimmo. Inizio a capire da che parte salire, ad ammirare come mai avevo fatto fino ad allora la cresta aguzza e selvaggia a sinistra della cima, a vedere se avessimo incontrato neve o ghiaccio… Ho un bellissimo ricordo di me seduto in mezzo alla strada con in mano il binocolo, una fotografia della cima e il telefono con il vivavoce appoggiato per terra. Questa immagine è quella che più di tutte mi è rimasta impressa di questa grande avventura. Adoro pregustare la scalata: quello stato d’animo di eccitazione misto ad ansia ed ignoto è un qualcosa che difficilmente oggi è possibile provare. Spesso ci priviamo della gioia della scoperta guardando filmati, studiando fotografie, relazioni etc. quando il bello è proprio trovarsi davanti alle difficoltà ed ai problemi e cercare di risolverli nella maniera più naturale ed istintiva possibile. In questo caso vista la totale assenza di informazioni bisognava necessariamente fare le cose alla vecchia maniera. “C’è neve a sinistra del contrafforte” … “Chissà quel canale quale pendenza avrà?” … “Sarà utile la piccozza?”. Un turbine di pensieri affolla la mia mente. Poi tutto si fa più chiaro. In un attimo è già domani.

Saliamo con la Golf del Tone fino al Rifugio Petit Pierre al Corno d’Aola e quindi per comodo e meraviglioso sentiero raggiungiamo la Conca di Pozzuoli. Il Salimmo visto da lì è veramente una montagna spettacolare. La cresta, nostro obiettivo, è là in cima, misteriosa, scura e cerca in ogni modo di nascondersi. Cominciamo la salita lungo la selvaggia morena che chiude a nord la parete. Raggiungiamo dopo un paio d’ore il nevaio. Dal paese sembrava più ripido. Calziamo i ramponi e ci portiamo con comodo fin sotto la parete che separa la morena dalla cresta soprastante. Saranno circa un centinaio di metri e la roccia come già sapevamo non sembra essere delle migliori. Tone e io siamo proprio una cordata che funziona. Ci capiamo con uno sguardo appena, addirittura senza bisogno di parlare. Lui sale davanti cercando la via più comoda per portarsi in cima. Ricordo solamente qualche passo bagnato e molto aleatorio. Lentamente e con fatica raggiungiamo un piccolo intaglio sulla cresta. Dalla parte di là la Val Narcanello già avvolta dal calore del Sole, mentre verso nord è tutto ancora immerso nell’oscurità e nell’umidità.  Di fronte a noi tre bellissimi contrafforti, saranno alti una ventina di metri. La cresta è affilatissima. Capiamo subito che è meglio legarsi in cordata e progredire a tiri o al massimo in conserva protetta. Mettiamo via gli scarponi nello zaino e indossiamo le scarpette da arrampicata. L’unica “relazione” che in realtà è una semplice e vaga descrizione risale forse agli anni 50/60 ed appartiene al libricino del Touring Club Italiano. Questo itinerario viene giudicato di V grado e di estremo isolamento; a posteriori non posso che confermare. L’inizio della cresta è una placca meravigliosa di qualche metro che va a chiudersi su uno spigolo affilato e malsano che rimontiamo fino ad una piccola e comoda sella esposta al sole. Ci troviamo appena prima di una terna di guglie, una accanto all’altra, che ci offrono meravigliosi tratti di arrampicata su placca, su spigolo e in traverso. 

Cima Salimmo - Cresta NE

Il primo tiro da affrontarsi è di circa 30 metri, su placca quasi verticale e ricoperta da fastidiosissimi licheni. Qualche friend piazzato durante la progressione semplifica la scalata e ci aiuta ad avanzare. Allestisco sosta su un piccolo ed esposto terrazzino, recupero Tone e inizio a fargli sicura. Il tiro successivo l’avrebbe affrontato lui da primo. Un traverso verso destra in leggera ascesa ci riporta sullo spigolo e quindi sulla sommità della terna di guglie. Con comodo lo aggiriamo fino ad un paio di passi esposti in discesa. Tone è lì ad aspettarmi con quel sorriso stampato sul volto che anticipa un bel tratto di arrampicata. Che ambiente eccezionale! Lo raggiungo e mi preparo mentalmente per quel tiro strano e contorto che mi stava aspettando. Dapprima bisogna rimontare la parete della terza guglia per qualche metro, poi iniziare a traversare spostandosi quindi con passo atletico sulla placca a sinistra e circa un metro più in profondità. Il passo delicato è protetto da due chiodi arrugginiti e all’apparenza dal doppio dei miei anni di età. Il primo mi è sufficiente fare un po’ di forza con le dita delle mani per estrarlo. “Ehm ehm…” penso tra me e me. Il secondo sembra più sano e lo rinvio con una certa dose di fiducia. Il passo è divertente e da affrontarsi con una certa decisione. Un altro piccolo traverso porta quindi all’estremità dello spigolo. Tutto muore. Per proseguire bisogna in allungo, quasi in spaccata, spostare un piede su una piccola guglia. Che paura! Provo un paio di volte prima di trovare il coraggio di fare quel passo. Non chiedetemi come ma in qualche modo mi ritrovo con entrambi i piedi dalla stessa parte. Fettuccia sullo spuntone e recupero Tone.

Cima Salimmo - Cresta NE

Siamo letteralmente estasiati dalla bellezza della cresta e dalla varietà dell’arrampicata che metro dopo metro ci trovavamo ad affrontare. Un’emozione dopo l’altra, con il mio paese sempre lì in bella vista, sembra quasi di toccarlo con la punta delle dita. Continuiamo la lunga e faticosa traversata per una cinquantina di metri facili. Di fronte a noi la famosa Guglia Isolata. Osservando da lontano, questa elevazione della cresta appariva molto di più piccola di quanto in realtà sia.

Tone da gentiluomo mi lascia l’onore della scalata. I primi 30 metri sono piuttosto facili, le pendenze non sono elevate, così come la difficoltà nell’arrampicata. In ben che non si dica raggiungo un terrazzino, recupero Tone e riparto per un altro avvincente tiro. Sono altri 30 metri che corrono prima sulla parete e poi sullo spigolo della aguzza guglia. L’arrampicata è grandiosa, su roccia buona, nonostante gli immancabili e fastidiosi licheni. Trovo un chiodo esploso che chissà a quale decennio risale. “Meglio mettere un friend va…” penso tra me e me. La ripida parete lascia poi spazio ad un elegante spigolo e quindi ad un pianoro sommitale. Trovo due chiodi all’apparenza datati e faccio sosta. Scoprirò solo una settimana dopo che li aveva piantati l’amico Fulvio Sandrini nel lontano 2004 in una delle poche ripetizioni.

Cima Salimmo - Cresta NE

Il paesaggio è grandioso. Non avevo mai visto il Salimmo da questa prospettiva. Le distanze sembrano annullarsi, l’euforia è incontenibile. Tone mi raggiunge. Decidiamo di fermarci un attimo ad assaporare la magia del momento. Verso la nostra destra il Ghiacciaio del Pisgana in tutto il suo morente fascino, verso il basso il canalone della Pala Ghiacciata con l’ombra ben definita della guglia e di noi a cavalcioni su di essa e in alto la lunga cresta che ancora ci attendeva. Ancora più in basso il mio paese con sfondo le montagne dell’Ortles Cevedale Camuno. Ci sentivamo in paradiso, ma sapevamo bene che la giornata non era ancora finita. In pochi minuti allestiamo una doppia e ci portiamo sulla selvaggia e aspra sella posta circa 25 metri in basso. Un’altra parete di circa 10 metri affrontata con tutta scioltezza dal Tone ci riporta sul filo di cresta che ora appare meno repulsiva, più facile e veloce da affrontare. Non chiedetemi come mai, ma quei pochi metri, nonostante arrampicassi da secondo, mi son sembrati lunghi come un intero tiro di corda. Siamo nuovamente alla luce del sole. Le ore di scalata con indossate le scarpette iniziano a farsi sentire. Calziamo gli scarponi e iniziamo la lunga cavalcata verso la cima. Attraversiamo frane dove la tonalite bianca e scintillante ci indica di proseguire velocemente, tratti di roccia buona, di sfasciume, piccoli diedri e altre piccole paretine fino alla sella del famoso Canale Faustinelli. Da lì in pochi minuti raggiungiamo la cima.

Cima Salimmo - Cresta NE

Non mi sono mai reputato un amante delle classiche dell’Adamello; le ho sempre snobbate. Eppure da quest’anno ho iniziato a percepire quel senso di amore e passione che molti provano per questo genere di avventure e scalate. In pochi anni il gruppo dell’Adamello è riuscito a farsi mostrare ai miei occhi sotto un’ottica totalmente diversa. Non ho ancora in cuore e in memoria le vie più belle e famose del gruppo, sono ancora acerbo sotto questo punto di vista. Come ogni novellino però ho dalla mia parte l’incredibile stupore e freschezza nel visitare ogni cresta, spigolo o parete del gruppo. Il puro piacere dell’arrampicata, dei brevi avvicinamenti alle vie e della roccia eccezionale a cui in Val di Mello mi sono abituato è in netta contrapposizione con tutto ciò che qui in Adamello sono riuscito a vivere ed apprezzare. La roccia non è di certo paragonabile, su questo non c’è dubbio, nemmeno le pareti sono confrontabili e le ore di avvicinamento necessarie per affrontare scalate di nemmeno 200 metri sono forse più selettive all’ingresso del grado di difficoltà e di proteggibilità. Eppure questa estate ho dopo tanto tempo sentito dentro di me un desiderio sempre più insistente di proseguire e approfondire l’esplorazione delle classiche del nostro gruppo di casa. Mi sembrava di rinascere. Nuovi obiettivi, tante nuove creste da esplorare, in pratica un nuovo mondo, che ho sempre avuto però sotto il naso e davanti ai miei occhi. L’etica dell’arrampicata è il punto di congiunzione, la chiave di volta del mio andare ad arrampicare ed esplorare. In Adamello è ancora più evidenziato dalla grandiosità dell’ambiente e dall’isolamento che tipicamente si affronta negli itinerari di cresta e di arrampicata. Sono ricordi indelebili quelli vissuti fino ad oggi. Sono immagini di luoghi selvaggi, silenziosi, puri e crudi, ma dal fascino ormai irresistibile. Alla fine ho capito che il segreto è prendere la cartina in mano e ignorare i nomi delle cime e delle valli in grassetto concentrandosi sui caratteri piccoli e quasi invisibili, ma che invece sanno offrire un tesoro di gran lunga maggiore in termini di valore rispetto a ciò cui spesso siamo abituati. Quando vivo giornate come questa mi sento rinascere e gli orizzonti si fanno sempre più lontani. Quando sembra di conoscere una valle, una cima e una parete in realtà è sufficiente cambiare prospettiva per accorgersi che tutto ciò di cui eravamo certi è in realtà una piccolissima parte del disegno complessivo. Nella montagna, nell’alpinismo così come nella vita questo non bisogna mai dimenticarlo. Solo restando umili e muovendosi con rispetto possiamo riuscire nell’apprezzare appieno il tesoro che ci circonda. Questo è quello che mi ha insegnato il Salimmo. Questo è quello che mi ha insegnato la montagna.

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